Ska, Square Kilometre Array, è una selva di antenne con un’area di raccolta complessiva da un chilometro quadrato, il radiotelescopio più grande mai immaginato, la cui costruzione vera e propria inizierà nel 2021 e ora in fase di prototipazione.
La quantità di dati che si prevede di raccogliere ogni secondo fa impallidire al confronto anche il più pervasivo servizio di streaming video, tanto che, attualmente, il flusso di dati di Ska potrebbe essere gestito solo dai supercalcolatori più performanti e costosi.
Come ha ora per la prima volta dimostrato una simulazione condotta da un team australiano, statunitense e cinese con Summit, il computer più potente al mondo, un cluster basato su quasi 28mila processori paralleli, di proprietà del dipartimento dell’energia americano.
In particolare è stata simulata un’osservazione con il modulo per le frequenze più basse, una schiera di oltre 130.000 antenne a forma d’albero di Natale, che potranno scandagliare l’universo anche prima della cosiddetta “epoca della reionizzazione”, quando l’universo primordiale da opaco divenne trasparente.
Il gruppo di ricerca ha fatto lavorare assieme una simulazione dell’universo nelle sue prime fasi e un software che emula appunto la raccolta dati radio di Ska. Dopo aver ottimizzato tutte le parti della procedura, la simulazione ha generato in tre ore di calcolo oltre due milioni e mezzo di gigabyte di dati a un ritmo di 250 gigabyte per secondo, equivalente a quanto ci si aspetta di ottenere in 6 ore di osservazione con l’intero modulo di Ska per le basse frequenze.
Il risultato finale permette di avere un’idea di quello che potrà fare Ska già nella cosiddetta fase 1 di funzionamento, combinando come in una Tac le osservazioni in centinaia di bande a diverse frequenze.
Proprio grazie alle frequenze di osservazione più basse sarà possibile ottenere una sorta di filmato sui cambiamenti di temperatura nel tempo di una piccola fetta di universo tra 100 e 400 milioni di anni dopo il Big Bang, prima dell’epoca della reionizzazione.
Per alcune centinaia di milioni di anni dopo l’espansione iniziale, l’universo rimase infatti un luogo buio, dove una nebbia di molecole d‘idrogeno bloccavano il passaggio della luce. Tutto questo cambiò quando la prima generazione di stelle iniziò a scaldare l’idrogeno circostante, rendendo la sua emissione visibile ai radiotelescopi.
Questa simulazione è la prima su così larga scala effettuata per dati radioastronomici e, in definitiva, dimostra che la tecnologia hardware e software per elaborare l’immensa mole di dati reali che arriveranno da Ska è a portata di mano.
Servizio di Stefano Parisini, Media Inaf
Crediti video: ICRAR, MICHAEL GOH, PETE WHEELER
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