23esimo Festival del cinema gay di Torino - il regista Julian Shaw presenta il suo documentario 'Darling! The Pieter-Dirk Uys Story' (Austraia 2007, 54')
Accolto con meritato entusiasmo il documentario in concorso “Darling! The Pieter-Dirk Uys Story” del giovanissimo australiano Julian Shaw. Il film ci mostra il comico sudafricano bianco, Pietr-Dirk, figlio di intellettuali ebrei tedeschi fuggiti dal nazismo, famosissimo in patria, un tempo impegnato in prima linea nella lotta all’apartheid ed ora nella campagna di informazione sull’aids nelle scuole. Il documentario, nonostante affronti in modo rigoroso il tema dell’aids, risulta molto divertente (irresistibile è il duetto tra il comico e l’arcivescovo Desmond Tutu). Stupisce che l’autore di questo piccolo capolavoro (nostro candidato al premio come miglior documentario) sia un ragazzo di soli 22 anni e che ne aveva 15 quando propose a Pietr-Dirk il suo progetto. Voto 9.
Riportiamo una sintesi del Q&A al regista Julian Shaw presente in sala:
D. E’ impressionante vedere, vista la tua giovane età e l’assenza di una formazione specifica, come tu sia riuscito a realizzare questo lavoro. Hai avuto l’aiuto di un tecnico della fotografia o un supporto alla regia?
R. Non ho avuto molto aiuto in questo progetto, semplicemente volevo farlo con tutto me stesso. Così ho negoziato con la scuola in modo da avere un po’ di tempo libero, qualche giorno alla settimana. E sono partito dall’Australia per incontrare incontrare l’artista. In realtà ho utilizzato dei soldi che mi sono stati forniti dal governo australiano per fare questo lavoro. Ho cercato di fare tutto il possibile per raggoingere il mio obiettivo. Adesso sto pensando anche ai miei studi e vorrei continuare a fare la mia vita da studente.
D. Che tipo di spettacolo portò quando venne in Australia?
R. Feci due spettacoli, il primo all’Opera House e il secondo era una versione personale di Evita, ma fu soprattutto il primo a colpirmi. Ciò che mi sorprese fu il tipo di relazione che sapeva costruire col pubblico e soprattutto coi ragazzi, ed essendo io molto giovane ne rimasi molto colpito. Ci vorrebbero oltre due ore per raccontare tutto il lavoro che Peter ha svolto come comico cabarettista e attore contro l’apartheid, ma ho preferito concentrarmi soprattutto sui lavori degli ultimi anni perchè tutti i temi trattati nei suoi spettacoli sono ancora molto attuali.
La regista Gwen Haworth (She’s a boy I Knew, in concorso) è intervenuta facendo i complimenti a Julian Shaw e chiedendo quale rapporto si fosse creato tra il regista Julian e l’artista Pietr.
R. Questa è stata per me la più grande avventura della mia vita. Semplicemente ho seguito Pietr in modo molto discreto. Ho voluto ascoltare i suoi consigli: lui sostiene che in ogni lavoro il 50% deve essere improntato alla commedia, l’altro 50% deve venire da dentro, ovvero le cose che io vedevo e di cui volevo parlare. Semplicemente sono stato ispirato dal suo personaggio, da come lui si comporta e lavora, ed ho cercato di fare così anch’io.
D. Vorrei sapere se ci sono state reazioni pubbliche al film perchè contiene delle accuse molto esplicite alle politiche sanitarie in Sudafrica.
R. Uno dei messaggi di Pietr è che non si muore del virus ma della mancanza di informazione. Questo film cerca di sollevare delle domande e quando si comincia a porsi dei dubbi si è spinti a cercare le risposte.
D. Com’è stato il rapporto con Mandela?
R. Non sono sicuro che Mandela abbia visto il film ma so che è stato visto dal vescovo Desmond Tutu che si è congratulato con me per il lavoro.